Luoghi

assemblaggio di stoffe su legno
diametro cm 120
2013

Ogni frontiera ha senso solo se può essere oltrepassata, ogni bandiera vive davvero solo se può sventolare libera mescolando i suoi colori alle tinte dell’intera umanità, perché i luoghi sono sempre e prima di tutto luoghi dell’anima e come tali sono eterei, fluidi, mutevoli e privi di confini che siano invalicabili.  Le pieghe del tessuto che vibrano in una precaria fissità alludendo al tricolore, ma confondendolo con colore e non colore  (simboli rispettivamente di ciò che è definito e di ciò che invece non lo è), sono un inno alla multiculturalità intesa come varietas desiderabile e non come temuto caos da eliminare.

             Anna R. G. Rivelli

La voce che scompone il buio



Mistico

tecnica mista su tela
cm.100x150
2011
    Il qui e l’altrove, la materia e lo spirito: Giovanni Cafarelli si muove nell’infinito dello spazio e del tempo ora come smarrito pellegrino sul calare delle tenebre, ora come Parsifal alla ricerca del Sacro Graal. Affascinato dal cielo non meno di quanto lo sia dalla terra, dimora e lotta sopra un confine dal quale si allontana e al quale torna incessantemente, ribelle alla definitività di qualsiasi scelta. Dentro il suo cuore di uomo il passato, il presente e il futuro incrociano le spade contendendosi nostalgie ed attese, il finito e l’infinito si affrontano entrambi sfuggenti come ombre, ma sotto il suo sguardo d’artista non esiste barriera o frattura e l’arcana soluzione del mistero dell’esistenza si offre come risposta netta ed immediata, quasi priva di dubbio benché figlia di un tormento che fa sanguinare l’anima. In una sorta di laica consacrazione, la materia si transustanzia e il sentimento panico di meraviglia e sgomento si risolve in una identificazione totale con l’universo, in un panismo che, incredulo, a tratti inciampa nella memoria e pone ancora domande. Perciò l’uomo che giganteggia di fronte a una luna ormai conquistata (20 luglio 1969) è il medesimo che aspira al cielo come meta d’affanni (E quindi uscimmo a riveder le stelle), il verbo inespresso (Le parole che non ti ho detto) acquista la stessa forza della parola mistica (Mistico, Qabbaláh) e, come in uno splendido verso del poeta Vittorio Bodini, le creature terrene che, sorvolandola, annunciano la sera sono contemporaneamente infere e celesti (Angeli pterodattili).
    Per declinare il suo pensiero e la sua visione del mondo Giovanni Cafarelli sceglie colori perentori come il nero, il rosso, il bianco, l’oro; a tali colori, però, dà il tormento dei suoi irrisolti interrogativi di uomo, li scava, li accende, li affronta sprofondandoli nella materia, attraversandoli con fendenti d’ombre col desiderio di scoprirne un’intrinseca debolezza per potercisi identificare. Ma la magia dell’arte – magia liberata dalla menzogna di essere verità (T. Adorno) – ancora una volta elimina la dicotomia ed esprime la totalità. Così, quanto più la materia si fa greve diventando ossa e carne della terra, tanto più la forma sfugge e si fa spirito nella perfezione del cerchio, nella sua compiutezza senza inizio né fine, nel suo essere metafora della ciclicità del tempo o esoterico limite invalicabile. E laddove ritorna la terra nel quadrato che si oppone al cielo, la circonferenza ritorna nella meditazione di un percorso che va dall’alfa alla A, sostanzialmente richiudendosi su se stesso (Alfaà).
    Ed è in questo percorso che anche l’artista e l’uomo  finiscono per ritrovarsi come anima e corpo nella valle di Giosafat; come la voce che scompone il buio.

                                   Anna R.G.Rivelli